Il certificato di agibilità

 

 

 

  • Manca il certificato di agibilità? Ecco cosa fare

Il certificato di agibilità attesta la sussistenza di determinati standards igienici e sanitari e di sicurezza, garantendo che in fase di costruzione, siano state osservate determinate prescrizioni igienico-sanitarie, in base alle leggi vigenti al momento della costruzione o dell’intervento.

Le disposizioni normative

Il D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 – Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (entrato in vigore definitivamente il 30 giugno 2003), prevede che il certificato di agibilità deve essere richiesto solo per:

  • le nuove costruzioni;
  • le ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;
  • gli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di igiene e sicurezza;

Pertanto a partire dall’entrata in vigore del T.U. sull’edilizia il certificato di agibilità deve essere richiesto dal venditore e consegnato all’acquirente necessariamente solo per i nuovi edifici (ossia quelli costruiti successivamente al 30/06/2003) o per quelli già esistenti per i quali siano stati eseguiti talune tipologie di interventi edilizi.

Non sussiste invece nessun obbligo di richiedere e consegnare il certificato di agibilità per le vecchie costruzioni che non siano state oggetto di interventi successivamente all’entrata in vigore del DPR 380/2001, laddove esso non sia già rinvenibile, in quanto trattasi di costruzioni molto risalenti, o perchè già rilasciato, ma in base a previgenti normative. Dal tenore letterale della norma è infatti escluso ogni effetto retroattivo della disposizione stessa.

Il D.P.R. 380/2001 costituisce ormai l’unico riferimento normativo in materia in quanto ha abrogato tutta la disciplina previgente. Con esso il legislatore ha giustamente escluso dalla previsione della richiesta del certificato di agibilità i vecchi edifici che dalla data di entrata in vigore della riforma (appunto il 30/06/2003) non abbiano subito nessuno degli interventi indicati nelle lettere b) e c) del 2° comma dell’art. 24.

Il testo unico ha infatti il vantaggio di avere coordinato in pochi articoli la sparsa normativa in tema di certificato di agibilità. Nulla però ci dice sul ruolo del certificato di agibilità in rapporto all’atto notarile di acquisto dell’immobile, che quindi è indipendente dalla presenza o meno del certificato.

La Legge 28 febbraio 1985 n. 47 – Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, all’art. 40, comma 2°, prevede  che gli atti di trasferimenti di immobili devono contenere, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione a costruire o in sanatoria, a pena di nullità dell’atto.

Prosegue affermando che per le opere di costruzione iniziate anteriormente al 1° settembre 1967 (data di entrata in vigore della cd. “Legge Ponte”), in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (sia inserita nell’atto stesso o in un documento separato) che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 2 settembre 1967. Nulla dice in ordine al certificato di agibilità, che quindi non è condizione contrattuale e/o fattore che incida sulla compravendita.    

Nessuna norma regola quindi le conseguenze della mancanza del certificato di agibilità al momento della stipula dell’atto notarile. Anzi possiamo affermare nello specifico che non vi è nessuna legge che contempla un obbligo di preventivo rilascio e consegna del certificato di agibilità per ogni tipo di costruzione eseguita in tempi precedenti alla legge citata, anzi appare chiaro che la legge 380/2001 esclude addirittura il rilascio del certificato di agibilità da parte delle Amministrazioni comunali qualora si tratti di vecchie costruzioni per le quali non siano stati compiuti interventi edilizi dopo l’entrata in vigore della legge citata.

La giurisprudenza

Negli ultimi anni la tendenza delle Corti è nel senso di considerare il certificato di agibilità  come un requisito giuridico sempre più importante del bene oggetto di compravendita, ma solo in quanto attesterebbe la fruibilità dell’immobile ad un determinato uso.

Secondo la giurisprudenza maggioritaria, anche se nessuna norma imperativa contempla un obbligo di preventivo rilascio di detta certificazione, la mancanza della agibilità configura un inadempimento del venditore.

Nella sentenza della Cassazione Civile, sez. II, 11 ottobre 2013, n. 23157 si legge che “la consegna del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto del contratto, ove questo sia un appartamento da adibire ad abitazione, pur non costituendo di per sé condizione di validità della compravendita, integra un’obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell’art. 1477 c.c., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incidente sulla possibilità di adibire legittimamente la stessa all’uso contrattualmente previsto.”

In una recentissima sentenza, la n. 24386 del 8 febbraio 2016, la Corte di Cassazione ha precisato che la vendita di un immobile privo di certificato di agibilità configura una vendita di cosa in parte o del tutto diversa da quella dedotta in contratto.

In tale circostanza il compratore potrebbe chiedere legittimamente o la risoluzione del contratto (ovvero lo scioglimento del contratto) o l’adempimento dello stesso qualora abbia interesse all’acquisto, ferma la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni. Ma non è tutto. La S. Corte ha stabilito anche che l’acquirente può rifiutarsi di firmare il rogito, anche qualora abbia già stipulato il contratto preliminare.

Insomma la Cassazione ha stabilito che se manca l’agibilità per adibire un immobile a casa di abitazione e quindi l’immobile può essere utilizzato solo per altri scopi (ad es.: magazzino) l’acquisto è valido lo stesso,  ma l’acquirente ha acquistato una cosa per un altra, con lesione dei suoi diritti.

Certificato di agibilità o agibilità sostanziale?

Per comprendere la problematica nascente dalla solo apparente contraddizione tra la norma e la giurisprudenza occorre, a nostro avviso, distinguere tra la mancanza del certificato di agibilità e la mancanza della agibilità sostanziale.

Si tratta di due aspetti distinti, il primo formale e il secondo sostanziale, perché se la presenza del certificato di agibilità conferma la esistenza della agibilità dell’immobile per un determinato uso, la mancanza del certificato non comporta necessariamente la assenza di agibilità. E’ dato riscontrare infatti che la mancanza del certificato di agibilità è spesso collegata esclusivamente ad aspetti burocratici o di semplice dimenticanza del proprietario.

Orbene, per i nuovi fabbricati o quelli oggetto di interventi edilizi successivamente alla entrata in vigore della L. 380/2001 le due questioni coincidono, essendo obbligatorio munirsi della certificazione, sicchè se l’acquirente non intende avvalersi del suo diritto di rifiutare l’acquisto per inadempimento del venditore (che ha l’obbligo di fornire il certificato) dovrà valutare quali siano i motivi dell’eventuale difetto del certificato.

Se cioè si tratta di una mancanza dovuta a motivi formali e/o dimenticanze (e quindi risolvibile con poca spesa, di cui se ne può far carico il venditore anche successivamente all’acquisto) o se si tratta di una mancanza dovuta alla carenza sostanziale di agibilità (come ad esempio l’ipotesi di rifiuto dell’Amministrazione comunale).

Mentre per gli immobili risalenti nel tempo, e cioè precedenti alla entrata in vigore della legge, precisato che l’acquirente non ha diritto di rifiutare l’acquisto per la sola mancanza della certificazione,  la inesistenza della agibilità o meno – a questo punto sostanziale – va valutata dall’acquirente a seconda dello stato di fatto.

L’acquirente deve valutare autonomamente se l’immobile è adatto o meno alle sue esigenze, e se ha i requisiti necessari per l’utilizzo secondo i suoi scopi, se cioè ha quella che abbiamo chiamato agibilità sostanziale: il certificato può anche sussistere perchè magari il proprietario se l’era procurato in base ad una legge ormai abrogata,  ma può anche mancare legittimamente perché all’epoca non doveva essere obbligatoriamente richiesto, ed oggi, anche se fosse richiesto, il certificato di agibilità potrebbe addirittura legittimamente non essere rilasciato dai Comuni per i fabbricati esclusi dalla previsione normativa.

Se non altro perché il certificato deve essere redatto dalle Amministrazioni ai sensi della normativa in vigore al momento della costruzione (o del successivo intervento edilizio), il che non è certo cosa semplice a distanza di anni.

La provenienza ante 1967, ad esempio, o il rilascio di un condono perché l’immobile era totalmente abusivo, spiegano sufficientemente la mancanza della certificazione, sicchè l’acquirente, se vuole comprare deve prudentemente informarsi esattamente sulla rispondenza di fatto dell’immobile alle sue esigenze, e prima dell’acquisto. Una eventuale imprudenza, in questo caso, non consente poi all’acquirente di esercitare il suo diritto perchè se acquista un immobile ante 1967- proseguendo nel nostro esempio – è ovvio che doveva sapere che l’agibilità mancava.

Prudente esame prima del preliminare

Pertanto possiamo concludere che la problematica del certificato di agibilità deve essere accortamente affrontata sin dall’inizio, in sede di contrattazione immobiliare preliminare, al fine di evitare controversie al momento del rogito o equivoci successivi. Il compratore potrà anche decidere di accettare ed acquistare un immobile privo di tale certificato, addirittura anche se si tratta di immobili successivi alla legge citata, se è sicuro che abbia l’agibilità sostanziale per il suo uso, e può  comunque decidere che l’immobile gli va bene così com’è.

Ma è prudente che tale accordo sia evidenziato, ed il notaio farà bene ad informare l’acquirente delle relative problematiche e rischi quando il venditore dichiari che non sussiste il certificato di agibilità.

Volendo schematizzare ancora di più abbiamo queste due situazioni:

A) immobili costruiti (o con interventi edilizi che ne comportano il rilascio) dopo la legge. Il certificato deve essere richiesto al Comune dal venditore e consegnato all’acquirente.  Se non c’è il certificato l’acquirente – fermo restando che l’acquirente può rifiutarsi di stipulare – deve valutare se il motivo della assenza è una mancanza formale, e in caso affermativo prendere accordi conseguenti  per la rinuncia, per la richiesta al venditore di provvedervi, per la scelta di richiederlo dopo il rogito, e/o su chi ne incombono i costi. Oppure deve valutare  se il motivo è costituito da  una mancanza sostanziale, che comporta l’impossibilità dell’uso dell’immobile e quindi diminuzione di valore, decidendo se proseguire con l’acquisto allo stesso o a un  minor prezzo.

B) Immobili costruiti prima della legge. Il certificato non deve essere rilasciato dal Comune e consegnato dal venditore  (salvo il caso che non ci sia già).  L’acquirente non lo può pretendere. A questo punto occorre solo che l’acquirente valuti se sussiste l’agibilità sostanziale, e cioè l’idoneità dell’immobile all’uso prefissato e decidere  – come sopra – se proseguire con l’acquisto allo stesso o a un  minor prezzo

Attenzione però! Qui non si può tralasciare di rammentare che il notaio non ha alcun obbligo di nessun genere, nessun dovere e nessun compito per quanto riguarda l’intera materia urbanistica, come abbiamo in dettaglio messo in luce nell’articolo dedicato al controllo notarile della regolarità urbanistica, salvo l’incombenza di richiedere tutte le informazioni urbanistiche al venditore e riportare la sua dichiarazione giurata in atto.

Dichiarazione sotto la esclusiva responsabilità del venditore, e niente affatto del notaio, che peraltro non ha neppure gli strumenti conoscitivi per comprendere tecnicamente la materia urbanistica. Per evitare equivoci sarà bene ricordare che la Cassazione si è espressa con chiarezza nei confronti della inesistenza di qualsiasi obbligo e responsabilità del notaio in merito agli aspetti urbanistici.

Vedasi anche quanto da me riferito in ordine alle decisioni della S.C. nell’articolo dedicato sulle responsabilità del notaio sugli abusi edilizi.

A maggior ragione non vi è responsabilità alcuna del notaio sulla sussistenza o meno del certificato di agibilità nella quale il ruolo del notaio non è previsto neppure da alcuna norma, ed anzi  non rientra neppure negli obblighi di dichiarazione giurata del venditore sulla materia urbanistica di cui vi ho detto.

Se quindi vi capita di dover vendere o acquistare un immobile mancante del certificato di agibilità, in quanto dovuto per costruzione o lavori successivi al 2003, non vi disperate.

Cercate di capire se il problema è formale e manca il certificato perchè non è stato ritirato o  non è stata eseguita la pratica in Comune, oppure perchè è stato rifiutato essendo l’immobile senza  le caratteristiche costruttive minimali per il rilascio del certificato (aspetto sostanziale).

Nei primi due casi il danno è minimo: tutt’al più l’onorario del geometra che lo ritira nell’ufficio competente o vi fa la pratica in Comune. Nel secondo caso il problema è più rilevante, ma è ipotesi rarissima, perchè ritengo impossibile che un immobile sia perfetto urbanisticamente senza avere le caratteristiche minimali per il rilascio della abitabilità.

Dico impossibile perchè un immobile costruito correttamente secondo la concessione/permesso/licenza edilizia ha già necessariamente le caratteristiche sostanziali che consentono il rilascio del certificato di agibilità.

Comunque in questo raro caso occorrerà compiere lavori – magari salati – per adeguare l’immobile, e il conto va pagato dal venditore che deve/doveva garantirvi non tanto e non solo il certificato (aspetto formale) ma l’agibilità  vera e propria (aspetto sostanziale).

notaio Massimo d’Ambrosio